Perché la logistica italiana deve ripensare persone, processi e territori
Tra tasso di fecondità ai minimi storici e invecchiamento della forza lavoro, la catena del valore logistico va ridisegnata: automazione intelligente, organizzazione “age-friendly” e nuovi servizi per una società più anziana. FIT Consulting in prima fila a fianco dei propri clienti per gestire il cambiamento.
L’Italia entra negli anni Venti con un doppio fronte demografico che impatta direttamente sulla logistica: meno nascite e forza lavoro che invecchia. Secondo l’ultimo quadro ISTAT su natalità e fecondità, nel 2024 i nati sono stati 369.944 (-2,6% sul 2023) e il TFR è sceso a 1,18, nuovo minimo storico. Il 2025 non inverte la rotta: da gennaio a luglio le nascite sono 197.956, -6,3% sullo stesso periodo 2024, con una stima del tasso di fecondità a 1,13. Si diventa genitori sempre più tardi (età media al primo figlio 31,9 anni) e oltre un quinto dei nati ha almeno un genitore straniero (21,8%) —un elemento ormai strutturale del nostro profilo demografico.
Sul fronte dell’offerta di lavoro, l’ISTAT prevede che la quota di popolazione 15–64 anni scenderà dal 63,5% (2024) al 54,3% (2050). In termini assoluti, i 15–64enni caleranno da 37,2 milioni a meno di 30 milioni. Aumenterà il tasso di attività (dal 66,6% al 73,2%), soprattutto femminile, ma ciò non basterà a compensare il restringimento del bacino potenziale. Crescerà anche la partecipazione nelle età mature: il tasso di attività 65–74 anni salirà dall’11% al 16% entro il 2050. Resteranno ampi i divari territoriali, con il Mezzogiorno stabilmente sotto i livelli del Centro-Nord.
Per chi fa logistica, queste dinamiche si traducono in quattro sfide operative.
a. Reperimento di personale e ricambio generazionale
Meno giovani disponibili, più concorrenza fra settori: le posizioni entry-level in magazzino, line-haul e ultimo miglio diventeranno più difficili da coprire, specie nelle aree dove la natalità arretra di più. Le Tavole 2025 mostrano che nel periodo gen–lug il calo dei nati è più accentuato nel Centro e nel Mezzogiorno, mentre il Lazio scende a un TFR stimato 1,01 (con P.A. Bolzano che resta un unicum a 1,55): segnali utili per pianificare la geografia del recruiting e la localizzazione di hub e micro-hub.

b. Lavoro che invecchia: riprogettare ambienti e ruoli
Con più 55–64enni (e una quota non trascurabile 65–74 attiva), il design ergonomico delle postazioni (ausili di sollevamento, cobot, riduzione camminamenti, goods-to-person), la prevenzione infortuni e i percorsi di carriera verso ruoli di supervisione, QA e formazione diventano fattori chiave di produttività. La logistica “age-friendly” non è un costo, è assicurazione sulla continuità operativa.
c. Più occupazione femminile e quindi più offerta potenziale (se il modello lo consente)
Il tasso di attività femminile salirà, ma resterà inferiore a quello maschile. Turni flessibili, part-time qualificato, spogliatoi e servizi adeguati, micro-hub di prossimità e percorsi rapidi di certificazione su WMS/TMS e sicurezza sono leve concrete per ampliare l’accesso e trattenere talento.
d. Domanda di servizi in una società più anziana
Con una popolazione più vecchia cambia cosa si muove (più prodotti salute/benessere, parafarmaco, medical device, alimentare fresco in piccole pezzature), come si muove (più consegne diurne con finestre strette, assistenza in consegna, packaging easy-open), e dove si muove (più prossimità e capillarità). Crescono le esigenze di cold chain fine e reverse logistics programmata (ritiro/manutenzione ausili). Nel B2B, RSA, poliambulatori e farmacie territoriali diventano nodi logistici da integrare in rete.

Quali sono quindi le risposte strategiche che si possono mettere in campo fin d’ora nelle aziende non solo per mitigare gli impatti sfavorevoli di questi trend ma addirittura per trarne un beneficio competitivo sul lungo termine?
1. Automazione e dati: il ROI “demografico” della tecnologia
Negli ultimi anni la logistica ha fatto grandi passi avanti nell’introduzione di robot mobili (AMR e AGV), shuttle automatici, bracci collaborativi e sistemi di picking assistito. Fino a oggi questi investimenti sono stati motivati soprattutto da esigenze di efficienza e di produttività. Ma i numeri dell’ISTAT ci dicono che, d’ora in avanti, l’automazione sarà anche una risposta strutturale alla denatalità.
Con una forza lavoro destinata a ridursi di oltre 7 milioni di persone entro il 2050, la capacità di “produrre di più con meno” non è più un obiettivo ambizioso, ma una condizione di sopravvivenza industriale. Ogni euro investito in robotica e digitalizzazione avrà un ROI demografico, oltre che economico: significa internalizzare nel modello di business il rischio di carenza di personale.
Le tecnologie di automazione leggera consentono di stabilizzare l’output anche con team più ridotti o con operatori più anziani, riducendo la fatica fisica, migliorando la sicurezza e garantendo continuità operativa. La logistica del futuro non sarà “senza persone”, ma sarà composta da persone assistite da tecnologia: il vero salto di qualità non è sostituire, ma abilitare.
L’altro pilastro è la gestione dei dati. Sistemi di analisi predittiva, digital twin e piattaforme di performance management permettono di monitorare ogni fase della catena, anticipare inefficienze e riallocare risorse in modo dinamico. In un contesto di risorse umane più scarse, i dati diventano la nuova forma di energia: invisibile, ma decisiva per mantenere il sistema in equilibrio.
2. Organizzazione del lavoro: competenze, flessibilità e continuità
In un Paese che invecchia e dove i giovani entrano tardi nel mondo del lavoro, l’organizzazione diventa il vero campo di innovazione. La logistica, settore ad alta intensità di manodopera, deve evolvere verso modelli più flessibili, più formativi e più inclusivi. Serve una nuova cultura della formazione continua: academy interne o territoriali, nate dalla collaborazione fra imprese, istituti tecnici e ITS, in grado di aggiornare costantemente le competenze su sicurezza, manutenzione 4.0, gestione dei dati e nuove tecnologie di magazzino.
Accanto ai percorsi tradizionali vanno valorizzate le micro-credential, certificazioni brevi e mirate che permettono di misurare le competenze digitali e operative acquisite nel tempo e che possono diventare strumenti concreti per l’avanzamento di carriera. La logistica del prossimo decennio sarà caratterizzata da un mix di lavoratori esperti e neoassunti più digitalizzati: occorre mettere in dialogo generazioni diverse, valorizzando l’esperienza di chi conosce i processi e la rapidità di apprendimento di chi arriva con nuove competenze tecnologiche.
Infine, l’organizzazione del lavoro dovrà essere ripensata anche sul piano ergonomico e dei tempi di vita: turnazioni più equilibrate, ruoli di coordinamento per gli over 55, strumenti di supporto fisico (esoscheletri, sollevatori, cobot) e maggiore attenzione alla sicurezza. È una logistica “age-friendly” che non guarda al futuro con nostalgia, ma con metodo.
3. Integrazione sociale: la diversity come fattore di resilienza
La demografia ci mostra che la componente straniera della popolazione residente è l’unica a presentare una natalità relativamente stabile. Nel 2024, oltre un quinto dei nati in Italia – il 21,8% – ha almeno un genitore straniero: un dato che non è più una curiosità statistica, ma un elemento strutturale della società italiana. Per la logistica, questo significa una cosa semplice ma cruciale: l’integrazione dei lavoratori stranieri è una leva strategica, non solo un tema di responsabilità sociale. In molte aree del Paese, in particolare quelle con un TFR inferiore a 1,1 (Centro e alcune regioni del Nord-Ovest), i lavoratori stranieri garantiscono la tenuta dei turni e la continuità dei servizi essenziali.

Ma il vero salto di qualità si ottiene quando la diversity diventa organizzazione, non semplice presenza: politiche di onboarding strutturato, formazione linguistica e tecnica, percorsi di progressione interna e sistemi di riconoscimento delle competenze maturate. In un contesto di penuria di manodopera, la capacità di trasformare la diversità in stabilità è ciò che distingue le aziende resilienti da quelle fragili.
La logistica può essere un laboratorio di integrazione avanzata: il luogo in cui innovazione tecnologica e inclusione sociale si sostengono a vicenda, generando valore economico e coesione.
4. Scelte di rete: una geografia logistica che segue la demografia
L’invecchiamento della popolazione cambierà non solo chi lavora nella logistica, ma anche dove e come si muovono le merci. Le regioni con forte calo demografico – Lazio, Toscana, Umbria, gran parte del Sud – vedranno nel tempo una riduzione dei volumi legati ai beni di consumo tradizionali e un aumento di quelli legati ai servizi alla persona, alla salute, alla prossimità.
Questo richiede un ridisegno della rete logistica.
Il modello del grande magazzino periferico e delle consegne diffuse dovrà lasciare spazio a reti più capillari e intelligenti: micro-fulfillment urbani, locker automatizzati, punti di ritiro e consegna (PUDO) integrati nei tessuti di quartiere. Sono soluzioni che rispondono sia all’evoluzione della domanda (più anziani, più acquisti programmati e diurni), sia alla necessità di ridurre le percorrenze e i costi ambientali. Nel medio periodo, sarà utile presidiare le aree con maggiore tenuta demografica, come la Provincia Autonoma di Bolzano e quella di Trento, per sperimentare nuovi modelli: distribuzione tramite veicoli elettrici o a idrogeno, droni, piattaforme di logistica collaborativa.
Sono territori ideali per testare innovazioni che poi potranno essere scalate su scala nazionale. In altre parole, la mappa della logistica italiana dovrà diventare una mappa adattiva, capace di leggere non solo i flussi di merce, ma anche quelli di popolazione e di bisogni sociali.
FIT Consulting: leggere i dati per costruire strategie
Automazione, organizzazione, integrazione e rete non sono quattro capitoli distinti: sono le colonne di un’unica strategia demografica per la logistica.
Chi saprà leggere i dati, investire nelle persone e riprogettare la rete con lungimiranza potrà non solo resistere al cambiamento, ma guidarlo.
E in un Paese che cambia così rapidamente, la capacità di interpretare i numeri dell’ISTAT e trasformarli in azione è ciò che farà davvero la differenza tra chi subisce il futuro e chi lo costruisce.
Come FIT Consulting osserviamo da anni che la logistica è un termometro del Paese, e la demografia è il suo battito di fondo. Capire dove e come cambia la popolazione significa anticipare le tendenze della mobilità, dei consumi e dell’occupazione. È su queste basi che progettiamo modelli previsionali e scenari per imprese, enti locali e operatori, integrando statistiche demografiche, dati di traffico e analisi di supply chain. Perché solo leggendo bene i numeri è possibile costruire politiche di formazione, automazione e inclusione coerenti con il futuro del lavoro e della mobilità.
Il calo demografico non è una notizia: è una tendenza strutturale. E chi fa logistica oggi ha una responsabilità in più: trasformare i numeri dell’ISTAT in strategie concrete, in scelte di investimento, in nuovi modelli organizzativi. Perché la logistica del domani non sarà solo più tecnologica: sarà anche più intelligente, inclusiva e consapevole del proprio ruolo nella società che cambia.
Massimo Marciani




